Livorno, una terra fatta di ricchezze, di coltivazioni e di vigneti, di colline e archeologia; terra affacciata sul mare che la rende ogni giorno una nuova scoperta, con i suoi profumi e i suoi colori scintillanti. Per non parlare dei borghi medievali e delle pietanze tipiche che, con i loro aromi, portano sapori intensi sulle tavole.
Ancora oggi si respirano le tradizioni artistiche della costa Livornese; ecco qualche spunto per conoscere da vicino l’artigianato locale!
Iniziamo dall’antica lavorazione del corallo: nel Cinquecento, infatti, a seguito di alcuni avvenimenti storici, molto maestri corallai genovesi e commercianti armeni si trasferiscono a Livorno. In seguito, artigiani e mercanti ebrei provenienti da Spagna e Portogallo portarono in città i segreti della lavorazione di questo materiale. Nel corso del Settecento, il giro d’affari legato al corallo supera 1 milione di zecchini; nel secolo successivi i laboratori si moltiplicano e si specializzano nelle varie fasi di tagliatura, bucatura, attondatura, lustratura, assortitura, infilatura, sfaccettatura, brillantatura.
Particolarmente raffinati erano i gioielli, come collane, spille, bracciali e pendenti, nonchè le statuette che andavano ad abbellire le case della borghesia. Tuttavia, oltre ai salotti, il corallo trova da sempre diffusione quando si parla di riti scaramantici popolari: si dice infatti che sia ideale per fare amuleti contro il malocchio.
Livorno è una città di mare e questo significa anche che intagliatori, falegnami e maestri d’ascia accompagnano da sempre le fasi di costruzioni delle navi. Nell’Ottocento si intensifica anche la lavorazione del legno destinato a fabbricare mobili. Nasce in questo periodo anche il mestiere dell’ebanista, ovvero colui che conosce le tecniche dell’intaglio, dell’intarsio e delle verniciatura.
Nello scenario della Toscana ottocentesca, Livorno si distingue anche per l’utilizzo del ferro fuso per scopi sia costruttivi che decorativi. I metalli forgiati dai fonditori livornese si ritrovano nell’arredo domestico dell’epoca, tra mobili, infissi, lumi e orologi. La tradizione ancora oggi non è andata perduta e il ferro rimane uno dei materiali nobili essenziali come l’ottone nella produzione artistica dell’arredamento.
Passiamo adesso all’aspetto gastronomico e iniziamo dalla torta di ceci o cecina, un alimento semplice e povero di origini genovesi. A Carrara la chiamano anche “calda calda”, nella Lucchesia viene denominata scherzosamente la “bistecca di Altopascio” a ricordo dei momenti di minor benessere.
A Livorno intorno alla torta si è sviluppata una vera filosofia e soprattutto si gusta alla maniera del “5 e 5″, ovvero insieme al pane. Un tempo infatti si chiedevano 5 lire per il panino e 5 lire di cecina, da qui il nome del piatto.
Da provare a Livorno e provincia anche il carciofo livornese e la schiaccia alla campigliese (di Campiglia Marittima): un dolce croccante fatto con zucchero, pinoli e limone.
Fonte: http://www.turismo.intoscana.it/allthingstuscany/diari-di-viaggio/2015/05/18/artigianato-livorno/